I tarocchi hanno una storia affascinante che risale al XV secolo, quando furono utilizzati per la prima volta dall’élite italiana come carte da gioco.
Per scoprire la storia e l’evoluzione delle carte in genere, vi invitiamo a leggere questo articolo, ma oggi vogliamo concentrarci in particolare su questa misteriosa e ancora tanto discussa tipologia di oggetti.
Originariamente conosciuti come "trionfi", i mazzi dei tarocchi erano composti da carte illustrate che rappresentavano figure allegoriche e misteriose immagini ricche di simbolismi che ricordavano delle rappresentazioni pittoriche con un significato difficile da comprendere.
Perché, in origine, si chiamavano “trionfi”? Perché i 22 arcani maggiori rappresentavano le caratteristiche “trionfali” del genere umano, tra vizi, virtù, forze e debolezze del genere umano.
Una peculiarità, questa, che alcuni ricollegano al poemetto allegorico di Francesco Petrarca chiamato proprio “I Trionfi”, in cui le sei allegorie individuate dal poeta sono state associate ai tarocchi.
Tuttavia, la differenza numerica (sei di Petrarca e ventidue nelle carte), hanno portato altri studiosi a propendere che all’origine di questo nome ci fosse un collegamento con i carri trionfali che nel medioevo accompagnavano le processioni carnevalesche.
Il termine “tarocchi” comparve - e soppiantò definitivamente quello di “trionfi” - nel 1500, in un inventario della corte di Ferrara (risalente al dicembre del 1505).
Con il tempo, i tarocchi si diffusero in tutta Europa, assumendo diverse variazioni culturali e stilistiche.
Durante il XVIII secolo, l'interesse per i tarocchi come strumento esoterico crebbe notevolmente grazie a occultisti come Antoine Court de Gébelin e Etteilla, che iniziarono a esplorare simbolismi più profondi associati alle carte.
Gébelin, in particolare, individuò un collegamento diretto col mondo dell’Egitto sostenendo che i tarocchi fossero in realtà i Libri di Thot (libri che, secondo la leggenda, sarebbero stati rilasciati dal dio egizio Thoth e che porterebbero in sé i misteri dei cieli e predizioni di eventi planetari futuri) codificati dai sacerdoti egizi e “celati” sotto l’innocente forma di carte.
Proprio da questa teoria, alcuni ritengono nasca l’etimologia del termine “tarocchi”: da Ta-Rosh, che in egizio significa “via regale”).
La corrente di Gébelin ebbe un nuovo impulso a metà dell’Ottocento grazie all’occultista Eliphas Lévi, che indicò addirittura l’origine di queste carte nella Cabala ebraica.
Questa tradizione esoterica associata ai tarocchi si sviluppa ulteriormente in Europa anche nei primi decenni del ‘900, attraverso teorie ulteriormente approfondite dall'occultista francese Papus (pseudonimo di Gérard Encausse) e dallo svizzero Oswald Wirth, a cui si aggiunse anche la “tradizione inglese” sviluppata dall’ordine ermetico dell’Alba Dorata.
Come si diceva in precedenza, tra il XIX e il XX secolo, Francia e Inghilterra hanno ricoperto un ruolo di prim’ordine nell’approfondimento dei tarocchi in ottica esoterica e divinatoria.
Ai due paesi, infatti, si deve la diffusione di due tipologie di tarocchi iconici e tutt’oggi molto diffusi nel mondo: i Tarocchi di Marsiglia e i Tarocchi Rider Waite, ciascuno con le proprie interpretazioni simboliche.
I primi, in particolare, rappresentano uno dei mazzi più diffusi nella storia dei tarocchi.
Chiamati così poiché la città della Francia ha goduto del monopolio nella produzione di queste carte, pur non avendole inventate (lo stile delle carte a semi italiani, infatti, lascia propendere per l’origine latina di questo tipo di mazzo, diffusosi dalla Lombardia alla Francia), questi tarocchi sono celebri per il loro stile artistico distintivo e per le immagini simboliche che adornano ogni carta.
Le illustrazioni di ogni carta sono caratterizzate da linee chiare e colori vivaci, elementi che le rendono davvero riconoscibili a colpo d’occhio, e offrono molteplici livelli di interpretazione per chiunque le utilizzi nelle letture.
Gli arcani maggiori dei Tarocchi di Marsiglia sono ordinati attraverso numeri romani dall’I al XXI (a cui si aggiunge la carta del “Matto”, senza numero), completati da altre 56 carte, gli arcani minori, divisi nei classici semi di bastoni, coppe, spade e denari.
Da questa breve panoramica sul mondo dei tarocchi, avrete intuito quanto questa tipologia di carte abbia alle spalle una storia importante che corrisponde al coinvolgimento serio e coscienzioso di numerosi studiosi, seppur l’ambito non sia quello comunemente definito come “scientifico”.
Per questo motivo, la tendenza oggi particolarmente diffusa di mettersi nelle mani di sedicenti cartomanti - che addirittura pubblicizzano letture dei tarocchi online - rappresenta una pratica in totale contrasto con la tradizione che ha sempre caratterizzato queste carte.
Molto meglio uno studio attento e coscienzioso, magari utilizzando i tarocchi come strumenti di introspezione personale, oppure come semplici elementi artistici collezionabili.
Le tecniche che storicamente si sono susseguite per la stampa di carte da gioco e tarocchi sono state moltissime.
In origine, è molto probabile che le carte venissero vergate su pergamena o incise su tavolette di legno (come accadde, diversi anni più tardi, per uno dei modelli più conosciuti dei Tarocchi di Marsiglia, a cura del francese Claude Burdel), per poi passare - a partire dal XV secolo - a perfezionare le tecniche grazie alla xilografia, alla calcografia e poi all’invenzione dei caratteri mobili.
Questi ultimi progressi portarono alla nascita delle prime fabbriche specializzate nella stampa di carte da gioco - e di tarocchi - che in origine venivano stampati su foglio unico e rozzamente colorati.
Fu solo nel 1800, con la rivoluzione industriale, che si passò alle macchine di stampa quadricromiche che però modificarono considerevolmente i colori, facendo perdere le caratteristiche originarie alle carte (che, soprattutto nel caso dei tarocchi, avevano una valenza fortemente simbolica).
È ciò che accadde, per esempio, a Paul Marteu, che all’inizio del ‘900 produsse il suo personale mazzo del Tarocco di Marsiglia e per commercializzarlo lo piegò alle esigenze di stampa modificandone i colori e depotenziandone del tutto il simbolismo. Fu l’inizio del pressappochismo e superficialità che poi avrebbe invaso, negli anni a seguire, l’ambito della cartomanzia!
Fortunatamente, oggi, attraverso le più moderne tecniche di stampa in digitale è possibile ottenere la massima fedeltà rispetto a un progetto grafico di origine, che si tratti di colori o definizione delle linee.
Ciò è molto importante soprattutto se si desidera produrre una linea di tarocchi personalizzati, dove ogni minimo particolare merita la massima attenzione.
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